Il giovane Holden, scritto
da J.D. Salinger nel 1951, è un romanzo che potremmo definire di formazione. La
storia è semplice: Holden Caufield è un ragazzino scapestrato che viene espulso
da scuola e che decide di raccontare “le cose da matti” che gli sono capitate.
In effetti, le sue avventure sono proprio da matti, così come le persone che
incontra nel suo cammino. È considerato un must tra i giovani, che
tendono spesso ad identificarsi nel suo personaggio, in quanto viene
interpretato come un ragazzo ribelle che decide di non sottomettersi alle
regole della società e per questa ragione non è compreso. In tanti potrebbero
non trovarsi d'accordo con la definizione di “romanzo di formazione”, perché Holden
sembra rimanere sempre lo stesso immaturo. In realtà, vi è una lettura più
profonda di questo romanzo che mette in luce un aspetto di Holden che si legge
solo tra le righe.
Chi è veramente Holden Caufield?
Holden sembra essere, in realtà, un ragazzo caratterizzato da profonda
depressione e solitudine, che vengono alla luce mediante il linguaggio. Le
espressioni ripetute (eccetera eccetera, e compagnia bella, mi
lasciò secco) sono espressione di una mancanza di stimoli e di una noia
tipiche di uno stato depressivo. Anche i vari sbalzi di umore (seguiti da un
cambiamento nel linguaggio) sono assimilabili a questa condizione: vi è un uso
sconsiderato di eccetera in descrizioni come lo spettacolo dei Lunt;
inoltre, nella sua dichiarazione d'amore a Sally, spesso si ritrova ad urlare
senza neppure accorgersene.
La domanda, però, sorge
spontanea: perché Holden è depresso?
Una lettura attenta può offrire
spunti inaspettati e interpretazioni che danno alla storia tutto un altro
sapore. Vi chiedo dunque di rilassarvi, aprire la mente e leggere ciò che segue
con atteggiamento curioso. Poi, una volta finita questa analisi, tornate a sfogliare
la vostra copia consunta e logora de “Il giovane Holden”, un libro di cui
pensavate di sapere tutto, e ditemi se quello che vi avrò raccontato quadra. Secondo
me sì, e secondo voi?
***ATTENZIONE: L'ARTICOLO CONTIENE ALCUNI RIFERIMENTI ALLA TRAMA CHE POSSONO ESSERE RITENUTI RIVELATORI. DUNQUE, SE ANCORA NON AVETE LETTO IL ROMANZO, FATE ATTENZIONE PERCHE' POTRESTE RISCHIARE DI SPOILERARVI QUALCOSA!***
Dicevamo che Holden è depresso, ma
trovarne la ragione è ciò che dà la svolta alla storia. Egli lo è per il suo
passato. Quello che sembra trasparire dalle pagine di questo romanzo geniale è
che sia stato un ragazzino vittima di abusi. Ciò lo porta ad avere un
atteggiamento atipico, spesso definito “immaturo”, soprattutto nella sfera
sessuale. Holden sembra avere una vera e propria fissazione per tutto ciò che
riguarda il sesso. Egli finge di avere una vita sessuale, quando in realtà è
vergine perché si ferma sempre prima di concludere, al primo “no” delle donne.
Possiamo aspettarci un atteggiamento simile da parte di uno sconsiderato come
lui? Sì. La sua immaturità è solo indotta dal blocco per gli abusi e il suo
fermarsi quando le ragazze gli dicono di no è lo specchio di un suo desiderio:
avrebbe voluto che i pederasti che hanno abusato di lui si fossero fermati ad
un suo no.
È Holden stesso a parlare di
pederasti, durante l'incontro con il professore Antolini, il punto focale di
tutta la storia. Antolini è l'ennesimo pederasta che causa il crollo definitivo
della mente di Holden e che causa, dunque, il suo ricovero, ma è anche colui il
quale determina l'evoluzione del personaggio. Holden capisce di poter fare
qualcosa di buono nella sua vita, così come gli viene consigliato dallo stesso
Antolini (“lasciare una traccia”), e capisce che questa strada è scrivere. Scrive
per denunciare la sua storia di abusi. Scrive per salvare ragazzini vittime di
abusi come lui. Con la sua denuncia, vuole acchiapparli prima che cadano dal
dirupo. “The catcher in the rye”: ecco come si spiega il titolo originale del
libro. “L'acchiappatore nella segale”.
Durante l'incontro con la sorella
Phoebe, lei gli chiede di pensare a qualcosa che gli piaccia davvero e lui
riesce solo a ripensare ad una filastrocca cantata da un bambino. Ne storpia le
parole e ne ricava il lavoro che vorrebbe fare da grande. Lui vorrebbe essere
l'unico adulto in un campo di segale e acchiappare i bambini che stanno per
cadere dal dirupo. Il suo dirupo sono gli abusi. Lui è caduto e vuole prendere
al volo i bambini che potrebbero fare la sua stessa fine. Come lo fa?
Scrivendo. Da qui si denota la sua grande fiducia nei bambini: ama la sorellina
Phoebe, fa molta attenzione a Sunny, la prostituta bambina, l'ennesima “donna”
che lui rifiuta, più mosso da pietà che dal suo blocco. Questo è in opposizione
al suo rapporto con gli adulti: è sempre sottomesso e non ha mai la forza di
reagire.
L'unico adulto verso cui ha dei
ripensamenti è il professore Antolini: egli, in passato, raccoglie da terra un
ragazzino suicidatosi in seguito alla prepotenza di alcuni bulli, James Castle,
ed è l'unico ad averne pietà. È palese il parallelismo tra Holden e James,
sottolineato anche dal dettaglio del maglione prestato a James da Holden il
giorno del suicidio. James si butta da una finestra ed Antolini lo raccoglie.
Cos'altro è questo se non un dirupo ed un “acchiappatore nella segale”? Per
questo Holden ha dei ripensamenti su Antolini: è la causa del suo crollo ma è
colui che, in qualche modo, lo salva perché indirizza la sua vita verso
qualcosa di più nobile di una semplice ribellione. Sta qui la grandiosa
evoluzione del protagonista ed è qui che il libro assume in pieno la sua
classificazione di “romanzo di formazione”, ma se ne discosta in quanto riesce
a trasmettere molto più che una semplice storia di un ragazzo alle prese con le
vicende tipiche della sua età.
Questa interpretazione non è mai
stata fornita da alcun critico né, tantomeno, da Salinger. Quello che viene
attribuito ad Holden Caulfield è un semplice atteggiamento immaturo
assimilabile con quello dell’autore stesso. Nella ribellione di Holden vengono
visti sia la corrente di quel periodo (legata alla beat generation) e anche la vita
di Salinger, uomo controverso che non si è mai piegato alle leggi del mondo e
lo ha dimostrato con le sue eccentricità e le sue stranezze.
Tutta l’analisi che ho condiviso
con voi viene fuori dall’interpretazione di due lettori che hanno letto,
divorato, amato Holden e le sue espressioni, le sue peripezie e compagnia bella.
Non è necessario condividerla o crederla vera. “Il giovane Holden” rimane
comunque uno di quei libri che lasciano senza fiato, quelli che “quando li hai
finiti di leggere e tutto quello che segue vorresti che l’autore fosse un tuo
amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. Non
succede spesso, però.” Spero, invece, che a voi succeda.
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