AUTORE: Marcela Serrano
EDITORE: Universale Economica Feltrinelli
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1997
PAGINE: 274
PREZZO: 8,50 euro
GENERE: Narrativa sudamericana
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RECENSIONE DI: Giorgia
VOTO: ★★★★★
Immerso nella natura di uno degli
isolotti dell’arcipelago di Chloé, nel sud del Cile, vi è un Albergo in cui
vivono venti donne totalmente diverse tra loro ma con un unico tratto in
comune: sono legate dalla tristezza del disamore. Tra di esse vi è Floreana,
una donna fragile, con tante cicatrici addosso e poca stima di se stessa, che
presto si distinguerà dalle altre ospiti per la sua guerra interiore combattuta
tra la paura che si riaprano le ferite del passato e la voglia di riacquistare
fiducia in se stessa. Flavian, il medico dell’ambulatorio vicino all’Albergo,
sarà il principale artefice di questa guerra, protagonista insieme a lei di una
danza primitiva, passionale, sofferta… come un tango.
Questo romanzo non è facilmente descrivibile perché si basa su sensazioni ancestrali, su emozioni profonde che non si riescono ad esprimere a parole.
Quindi tenterò di parlarvene
trasmettendovi queste stesse sensazioni ed emozioni, e per farlo ho bisogno che
ascoltiate questa musica: “Tango to Evora”. Aprite il link e leggetemi con la
musica in sottofondo… saprà già dirvi del libro molto di più di quanto io non
saprò fare con le parole.
“L’albergo delle donne tristi” è
un romanzo per le donne, sulle donne, ma non solo. Apre le porte ad una
descrizione intima e segreta dell’animo femminile, del suo essere dolcemente
complicato (come disse qualcuno in una canzone) e del suo rapporto con l’uomo e
con l’amore.
“Ogni giorno si parla sempre meno.
Ogni giorno si sente sempre meno.
Ogni giorno si ama sempre meno.”
È un romanzo che parla di quell’istante
in cui sembra che non ce la si possa fare, che parla della paura di andare
avanti, di rischiare, di tentare ancora una volta anche quando sembra che la
vita punti tutto contro te stesso. È un’eterna danza con i propri sentimenti,
quelli che fanno male, quelli che schiacciano ma che fanno di una persona la
sua più intima essenza.
Non è un inno alle debolezze
femminili, non mette in scena donne deboli, depresse, piene di complessi. È una
riflessione sull’esistenza, su quanto ci si debba mettere in gioco per la vita,
che poi non è mai come ce la si aspetta.
Ed è un urlo di speranza rivolto alle donne, sempre forti e in grado di
rinascere ancora ed ancora dalle proprie ceneri. Perché sì, non smetteremo mai
di sbagliare, di fare scelte sbagliate, di ferirci, di affidare tutta la nostra
fiducia a qualcuno che non saprà farne tesoro, ma saremo sempre capaci di
rialzarci, di alzare la testa ed essere orgogliose di ciò che siamo, di come
siamo.
“L’unica cosa che si impara dalle esperienze personali è che dalle
esperienze personali non si impara mai.”
A fare da contorno a queste
riflessioni vi è la natura prepotente e passionale del Cile, che la Serrano descrive in
maniera talmente realistica da riuscire quasi a toccarla.
Questo libro si legge con tutti i
cinque sensi: con gli occhi, sì, ma anche con l’olfatto e l’odore salmastro del
mare invernale. Con le mani che stringono, carezzano, cercano. Con la bocca che
gusta i sapori sudamericani.
Ed infine, ancora una volta, con
le orecchie, che ascoltano. Ascoltano le musiche calde del suono di una lingua ardente…
“Rara, como encendida, te vi bebiendo linda y fatal. Bebìas, y en el
fragor del Champàn loca reìas por no llorar.”
(Inebriata, ardente, ti ho vista che
bevevi bella e fatale. Bevevi e nel brio dello champagne come impazzita ridevi
per non piangere.)
…e le note di un tango irlandese che
non è tango ma strazio di donna.
Giorgia
Pensa che mi dovrebbe arrivare proprio in questi giorni! Dopo aver letto la tua recensione sono ancora più impaziente, grazie :-)
RispondiEliminaCiao Antonella! :)
EliminaFantastico!! Fammi sapere allora se ti piace, non appena ti arriverà e lo leggerai! :D Giorgia