giovedì 3 dicembre 2015

"Atlantide": intervista all'autore Andrea Giardina

L’Autore di oggi è Andrea Giardina, autore della raccolta poetica ATLANTIDE; potete trovarlo anche sulla pagina Facebook www.facebook.com/andrea.giardina.12  oppure contattarlo via email all’indirizzo andrea.giardina88@libero.it.

Per iniziare, alcune domande standard per farti conoscere dai nostri lettori:
  •           Quanti anni hai? 27.

  •           Quale scuola hai frequentato?  Liceo scientifico e Facoltà di Lettere e Filosofia (già laureato in scienze storiche, adesso frequento il corso di laurea specialistica in studi storici, antropologici e geografici).

  •          Quali sono i tuoi principali interessi oltre alla scrittura? Storia, geografia culturale, lettura, poesia.

Bene, ora preoccupiamoci di arrivare al succo della nostra intervista: la scrittura.

  •         Cosa ti ha spinto ad intraprendere la strada del poeta? 
“Understand I love you” : questo verso di Cummings ha rivoluzionato il mio modo di sentire, e di approcciarmi alla scrittura e al mio stesso “senso del sentimento”. Tante – ho intuito – sono le cose da capire e da mostrare, i volti dell’amore da riconoscere e svelare. E una scrittura più libera, più intensa, mediata e allo stesso tempo immediata, come a mio avviso solo la scrittura poetica sa essere, mi è sembrata la via più indicata per proseguire il mio percorso.

  • Se avessi tre parole a disposizione, quali termini utilizzeresti per descrivere il tuo stile?
Se penso alla scrittura degli anni di “Atlantide”, le tre parole che si impongono sono: briciole (perché sentivo ogni lettera cadere come dimenticata sulla pagina, in forme, sillabe, parole e versi più o meno grandi, seguendo leggi intuibili ma non immediatamente decifrabili) , disperazione (vista la sfida al Tempo e il senso di fine che percepivo costantemente in agguato nel cuore della penna), nascondiglio (vista la mia tendenza a sdoppiare, occultare, nascondere la mia presenza, il mio pensiero, il mio sentimento, soprattutto tramite un particolare uso delle parentesi).
  •  Lasci che sia la sola poesia a detenere le redini della fantasia oppure dedichi spazio anche alla prosa? 
Con qualche comprensibile eccezione, la mia produzione poetica è stata quasi del tutto ininterrotta negli ultimi anni, a partire da quel citato verso di Cummings, e spesso alcuni pensieri vengono da me ripresi in certi lavori in prosa. Questi hanno un’importanza per me capitale, anche se intrinsecamente diversa da quella dei lavori in versi, e questo mi permette di cogliere meglio la differenza nel tono, nel tempo, nei messaggi, nel ritmo che meglio si confanno ad una struttura o a un’altra, in un dato momento – o in un altro.
  • Ti confronti con autori attuali e passati per forgiare al meglio la tua scrittura? 
Un confronto, una base, sono sempre necessari. Che sia per sviluppare o far nascere un pensiero, una poetica, un’immagine, anche solo un suono. Ovviamente prediligo la poesia per simili confronti, dalla Dickinson a Cummings, passando per Withman, Neruda, e tanti, tanti di quei nomi che vorrei approfondire per sentire più miei, che si tratti del paganesimo del Reis di Pessoa, l’erotismo di Garçia Lorca, e via con gli incontri silenti di Kavafis. Insomma, conoscere la poesia è imprescindibile per poter scrivere con maggiore maturità e crescente consapevolezza del proprio pensiero e del proprio stile.
  • Quale definizione sei in grado di dare alla parola cultura? 
Credo che cultura sia in primo luogo sensibilità, e ancora di più “senso”. Non intendo solo un fine: intendo semplicemente dire che per cultura non possiamo intendere solo ciò che associamo a un significato “alto”, ma dovremmo intendere un modo di contattare, concepire, comprendere la vita, e ciò che di essa va oltre il confine dello Spazio e del Tempo, del corpo e delle identità. Mi preme sottolineare, inoltre, che in quanto “sentimento”, la cultura, in qualsiasi sua forma (bassa, alta, socialista, giovanile, popolare, commerciale, e via discorrendo), come certi amori, è sempre al di là del bene e del male.

ATLANTIDE:

  • La domanda che sorge spontanea dopo un’attenta lettura della collezione è la seguente: perché proprio Atlantide? Fa riferimento alla mitologia oppure ha tutt’altro significato? 
Scoprii Atlantide quasi cinque anni fa, durante la stesura di un racconto, che poi ho inserito in un’opera più grande e complessa. Il racconto era tutto incentrato sulla fuga di un ragazzo che, durante la corsa, cercava ma non trovava i ricordi legati alla sua ultima storia d’amore, da poco conclusasi. E allora capii. In una delle poesie della raccolta, definisco Atlantide “la sottile dimensione come che poggiamo sul reale […], facendolo nostro”. Atlantide è il luogo dove la gente va ad amarsi. Si nutre di ricordi. È il luogo del primo incontro con la persona amata, il pub dove si va insieme abitualmente o per una volta soltanto, il lampione sotto cui ci si ferma per parlare con sulle labbra un sorriso o un bacio. Atlantide si nutre di ricordi, ma non è un ricordo. È il luogo dove vivono i ricordi. Luogo magnifico, dunque, ma con le sue ombre. Perché sì, Atlantide cresce dei luoghi scoperti e vissuti insieme, ma se questi luoghi sono il suo nutrimento, altra cosa sono le sue fondamenta. E le fondamenta sono la “presenza” della persona amata. Quando questa presenza viene a mancare, quei ricordi non hanno un luogo dove restare: ognuno di noi ha un’Atlantide da offrire a qualcuno, ma da soli non la si può mai raggiungere. Senza l’altro, Atlantide affonda. Questa è Atlantide.
  • Le prime poesie della raccolta sono state realizzate nel 2011. Tale anno si identifica nel tuo stile come estraneo all’utilizzo della punteggiatura, come se la resa pesante della metrica avesse un messaggio ben impostato. Appare al lettore difficile leggere una singola poesia soltanto una volta, proprio per via di questo ritmo inconsueto. Potresti spiegarci meglio la scelta di scrivere dei versi forzandone la lettura? 
Il mio desiderio era liberare la parola, salvo poi prendermela anche con quella e arrivare a liberare le lettere, le sillabe, i suoni. Cercavo una poesia che fosse stilisticamente libera, quasi anarchica, perché sentivo che quell’assenza di punteggiatura, quella libertà nel verso, avrebbero meglio reso il mio progetto di una poesia pura, rispecchiato meglio la mia ispirazione di un sentimento immediato, e incarnato alla perfezione l’essenza del (mio) pensiero.
  • Non credi possa gettare il lettore in confusione, spezzettare una parola al termine di un verso iniziando il successivo con la seconda parte della parola stessa? es: dalla III. Poesia
Ca
Re
Nza
Certamente, la cosa può disorientare, ma è anche vero che ciò che può apparire casuale, non lo è mai. Nel caso preso in esame, spezzare la parola “carenza” nelle sue tre sillabe mi è servito a sottolineare doppiamente il concetto, dedicando un verso a ogni sillaba (una questione che potremmo definire ritmica) e – specularmente – ognuna di queste minuscole sillabe a ogni verso (mettendo in luce la “piccolezza” dei soggetti contro cui è rivolta quella parte del testo.
·         Potresti chiarire l’idea dell’utilizzare ripetutamente le parentesi tonde all’interno di uno o più versi? Hanno una particolare importanza?

Es:
Il diluvio ci sanguina
attraverso
e (dentro)
una goccia
Che
voglia (di)
strapparti
la pelle

Nascondendo parole, versi, finanche strofe intere, all’interno di parentesi, percepivo la mia scrittura riecheggiare nel silenzio, entro uno spazio piccolo, intimo, privato, celato alla vista del resto del componimento. Sussurri, echi, negazioni. Questi sono i principali significati delle mie parentesi.

·         Le poesie presenti in questa raccolta oscillano tra cinque tematiche principali: la libertà vista come salvezza, l’ambientazione di un bar cittadino, la guerra intesa come vera lotta, il ritrovarsi e la donna. Ne prediligi uno tra questi?

Prediligo decisamente il tema della donna, proprio perché rappresenta qualcosa di più della somma degli altri temi. E una delle regioni di questo scarto è la sua fisicità. La donna, a differenza della libertà, non solo può essere pensata, avvertita, percepita: può essere toccata, carezzata, amata in un modo che – come si può intuire – l’idea della libertà, un bar, la guerra non possono ricambiare. Anche la donna è un’idea, ma è fatta di terra, di sangue, di mani e di carne oltre che di pensiero, sentimento, Tempo e Spazio. Questo la rende superiore a qualsiasi altra idea. È al di là dell’utopia proprio perché esiste anche indipendentemente dal pensiero di chi la ama, e sempre in virtù di questo ragionamento, può essere amata concretamente, esplicitamente, senza mezzi termini o allusioni.

·         Mi piacerebbe dedicare due delle tue migliori poesie ai nostri lettori. Potresti raccontare il loro valore e cosa ti ha spinto a scriverle?

XLI. Samasa 3

Era il tempo,
d’un soffio
le fuggì
una lacrima
e sentì
distinto
l’incerto sfiorire
dell’anima.

(14 – 5 – 12)


C.
Madre, non mi hai mai detto
che la folla mi avrebbe attraversato
cercando folli chimere
in profondi sonni domenicali.
Guarda tuo figlio,
guardami madre,
cresco lontano da dio
nel sospetto che questo male
possa essere un gene,
illusione ignorante
nata da quello stesso abbandono
che pare mi abbia condannato
a distinguere
in ogni voce lieve
un’idea,
quella che non sei,
ed in ogni silenzio
un’assenza,
quella che inequivocabilmente sei.

(22 – 10 – 12)

Per quanto riguarda la seconda, devo ammettere che si tratta forse dell’unico caso in cui mia madre compare all’interno di tutta la mia produzione (parlo sia di prose che di versi). Si tratta di versi di rancore e assenza, l’una ovviamente legata all’altra, e un bisogno di attenzione che si è fatto sentire per un po’. Adesso non so se scriverei ancora di lei, né se lo farei in questi termini. Più complicato invece è il mio rapporto con la prima lirica, e con tutta quella produzione (anche qui, sia in versi che in prosa) legata all’idea di Samasa. L’idea di una donna che attende un uomo che non torna, e che non lo perdona. E che sente il Tempo tradirla non appena viene finalmente colta dall’inevitabile. L’anima è un fiore, nulla di grandioso, ma quanto di più prezioso abbiamo da dare e conservare. E il suo appassire è flebile, ma incessante, tranne in certi istanti, in cui ci rendiamo conto che qualcosa sta cambiando, e non tornerà più come prima. Questo è il Tempo.

·         Vorresti dedicare una poesia di Atlantide ai lettori? Motiva la tua risposta.

XLVIII. Heather 23
Sebbene sulla Luna il Tempo
mi tentasse con un bacio,
scelsi te ogni momento,
ma non vi feci caso.

All'approssimarsi della morte, si dice che il Tempo stia per finire. Il Tempo sulla Luna è il Tempo che abbiamo perduto, è il Tempo delle cose morte, il Tempo che non vivremo mai perché noi non ci siamo o non ci saremo più. Può tentare, in certi istanti, la morte, questo Tempo d’assenza lontana. Ma resistere è possibile. Spesso può bastare il tocco di una persona amata, o anche la sua sola presenza. Da qui la scelta di vita nel terzo verso. Può sembrare poco scegliere di vivere per un’altra persona, ma il bisogno di esistenza era forte in quel momento. Purtroppo però, non ne ero abbastanza consapevole. E per evitare che commettiate il mio stesso errore, vi dedico proprio questa lirica: perché “facciate caso” alla persona che amate, per cui decidete di vivere. Perché siate sempre consapevoli della vostra scelta, del sentimento che vi anima, del cammino che intendete intraprendere.

SCRIVERE

·         Stai preparando altri scritti oppure desideri far conoscere questa raccolta per ora?


Ispirato dall’amore che celo dietro il nome di Corinne, ho messo a punto una nuova raccolta, a cui si sommano diversi componimenti isolati. Il sentimento in questione mi permette, in questo caso, di affrontare un altro luogo della mente, la definizione dell’esistenza, il rapporto con lo Spazio e il Tempo, l’infinito e l’eterno.

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